Tricarico Araba

La storia di Tricarico, profondamente segnata dalla dominazione araba, sembra avere inizio intorno all’849, anno in cui risale la prima testimonianza documentata sulla città. La lunga permanenza dei Saraceni a Tricarico è testimoniata dal contesto urbanistico per la presenza dei quartieri della Rabata e della Saracena, i due quartieri della Rabata e della Saracena con le loro mura di cinta, i giardini terrazzati, le torri semaforiche a protezione delle relative porte d’accesso a Tricarico. La Saracena e la Rabata di Tricarico mantengono ancor oggi distinte le due tipologie urbane: l’una è, infatti, distinguibile per il carattere di fortezza sorta sulla parte a Nord dello sperone di roccia su cui sorge Tricarico, a vedetta delle valli del Bradano e del Basento; l’altra - la Rabata – ricorda la tradizione insediativa islamica: nella sua struttura compatta è divisa in due zone da una strada principale molto stretta, l’araba shari, l’una a oriente a ridosso delle mura e l’altra a occidente più sviluppata. Da essa si dipartono le vie secondarie o darb, che s’intrecciano in varie direzioni e si concludono spesso in vicoli ciechi o sucac, che definiscono piccoli tessuti residenziali ben distinti tra loro. I nuclei abitativi comunicano con terrazzamenti su terreni aridi coltivati a frutteti, che fanno da corona all’attuale abitato altomedievale di Tricarico, si tratta di coltivazioni che fin dal IX-XII secolo si sono poi protratte lungo il corso dei secoli, cosi come documentato da un codice tricaricese di fine cinquecento, che ci tramanda l’esistenza di una gran quantità di horti seu frutteti dislocati al di fuori delle mura e delle porte d’accesso di Tricarico. Il codice distingue gli horti dai frutteti. Quest’ultimi sono giardini, Gli horti, invece, dominavano la parte più bassa, un’ area ricchissima di acque sorgive e utilizzata per la coltivazione delle verdure, vendute sul mercato locale. A questo primo anello di orti e giardini, che circondava la città, seguivano in maniera concentrica quello dei vignali, poi dei vigneti e oliveti, quindi le grandi estensioni cerealicole ed, infine, a chiusura dell’agro comunale, le vaste distese boschive di natura demaniale. Nella coltivazione di questi “orti saraceni” ( definizione di Pietro Laureano) gli arabi diedero prova anche della loro abilità idraulica. Oltre che dalla cultura araba, Tricarico è stata profondamente influenzata da Rocco Scotellaro. A Tricarico tutto rimanda alla figura di Scotellaro, come la targa apposta sulla sua casa: “Rocco Scotellaro: sindaco socialista di Tricarico – poeta della libertà contadina”. Invece tra i vicoli stretti e ciechi del centro storico risuonano i versi delle sue poesie, lungo un percorso letterario costruito su pannelli lignei. Nel cimitero di Tricarico, dove è sepolto il meridionalista, l’amico Carlo Levi ha disposto la costruzione di un vero e proprio monumento funebre, e su una delle pietre sono stati incisi i versi finali della poesia “Sempre nuova è l’alba”. Nell’ex convento di San Francesco, a Tricarico, è custodita gran parte della documentazione appartenuta a Rocco Scotellaro, il centro è stato fondato nel 2003 e ha lo scopo di custodire ogni testimonianza legata alla sua figura e al suo contesto storico, oltre a gestire una biblioteca specialistica con opere dedicate o scritte da Scotellaro sul meridionalismo.

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